Storia dei pavimenti in agglomerato: parte II
La marmetta in graniglia nasce alla fine del 1800, parallelamente all’invenzione e all’utilizzo del cemento, usato come legante per le schegge ottenute dalla frantumazione dei più svariati tipi di marmo (da qui l’origine della vasta gamma di colori che caratterizza la produzione delle marmette in graniglia) a costituire l’impasto successivamente pressato in forme.
La “pastina”, invece, che potremo definire il genitore della graniglia in quanto costituisce la pavimentazione di numerossisimi palazzi e abitazioni del 1800 e del primo ‘900, è caratterizzata da una macinazione molto più sottile del marmo rispetto alla marmetta e dalla successiva miscelazione con leganti idraulici e ossidi naturali.
Progettualmente, stilisticamente, esteticamente la marmetta in graniglia è certamente ispirata agli stupendi pavimenti in “terrazzo alla veneziana” che venivano interamente realizzati sul posto e che ornano ancora oggi le più belle ville d’Italia (basti pensare alle ville del Palladio). Tanto che, nella più semplicistica analisi, la marmetta può essere considerata una sorta di pavimento alla veneziana “precostituito”.
Determinanti nella valorizzazione dei pavimenti in graniglia sono stati gli ornamenti: greche, bordure e tappeti che abbelliscono i fondi in tinta unita.
Questi ornamenti, oggi divenuti dei classici, nacquero e si svilupparono nei primi decenni del ‘900 e si suddividono ancor oggi in “geometrici” e “floreali” secondo le due tendenze culturali allora dominanti: quella liberty (1910/20), in Italia più propriamente detta “floreale”, e quella futurista (1930/40) che predilige movimenti e geometrie.